giovedì 17 giugno 2010

Pomigliano: un no di lotta contro lo spregevole ricatto che ci porterà a fondo.

La FIOM dice no. Due lettere pesanti come macigni ma una decisione giusta. Perché la verità è che quello portato avanti da Marchionne non è una proposta ma un vero e proprio ricatto, nei contenuti e persino (ormai non si pretende più nemmeno il pudore) nei toni.
L' abbiamo sentito, nei TG di qualche giorno fa, sibilare "O così o ce ne andiamo all’estero", liquidando una CGIL lasciata sola da CISL e UIL che avevano già accettato tutto il pacchetto.
Perché è un ricatto e non un accordo? Perché non propone una strategia di sviluppo, un piano di investimenti ma mira semplicemente a livellare le condizioni di lavoro verso i paesi in cui è così conveniente delocalizzare.

In questi giorni i soliti liberisti dai denti a sciabola e dal volto umano come il senatore PD Ichino, si sforzano di convincerci che il problema è la “modernità” del sistema, che dobbiamo essere appetibili per l' investitore estero (certo…come il Messico per General Motors), che la conflittualità sindacale affossa il paese.
La realtà è che ci stanno mettendo davanti ad una scelta che avrebbe fatto urlare alla nazionalizzazione forzata governi insospettabili di socialismo: o gli italiani si avvicinano di più alle condizioni di lavoro (e di vita) della Polonia, della Romania e simili, o il brillante” Marchionne con la sua “prestigiosa” azienda che ha succhiato allo Stato negli anni miliardi di euro, vanno direttamente lì. In barba a qualsiasi responsabilità d' impresa e al vero e proprio debito maturato nei nostri confronti.
E di fronte a questo scandalo, che rischia di essere un punto di non ritorno per la distruzione dei diritti dei lavoratori nel nostro paese, Tremonti tocca la commedia dell’assurdo parlando di impresa sociale”.
È evidente che un governo che appoggia questo modo piratesco di fare impresa non è una parte con cui è possibile ragionare e le cose vanno ancora peggio con il Partito Democratico, che sostiene prima strumentalmente il referendum (idea oltretutto contrastata dalla FIOM perché letteralmente sarebbe come fare le elezioni politiche ma permettendo di votare solo a Napoli) poi appoggia apertamente il "SI" all' accordo.
Nello specifico il PD (così come CISL e UIL) stanno dicendo sì a diverse deroghe al contratto nazionale riguardo alle ore di lavoro e ai provvedimenti disciplinari che arrivano fino all' abolizione del diritto di sciopero, contro la Costituzione e ogni legge e statuto a tutela dei lavoratori.
Uno strappo che temevamo fin dagli attacchi di Sacconi allo Statuto dei Lavoratori e che non si esaurisce certo a Pomigliano.
È storia già vista infatti quella delle deroghe inventate in momenti di eccezionalità che aprono la breccia alla cancellazione dei diritti acquisiti, persino quelli ritenuti più sacri e inviolabili.
Sono solo chicchiere, e lo sa, quelle di Bersani quando dice SI all' accordo ma resti caso straordinario, perché è automatico che se si decide che il contratto nazionale e le leggi si possono violare in caso di eccezionalità (che è gioco forza uno stato arbitrario), per Pomigliano lo si potrà fare in ogni altra occasione.
Con la peggiore imprenditoria al Governo del paese, CISL e UIL programmaticamente prone, la Confindustria sulla cresta dell' onda e la CGIL isolata, secondo lui quale sarà il futuro più probabile?
Non sono passati molti mesi da quando per le strade urlavamo "Noi la crisi non la paghiamo" e puntualmente tutto il conto è sulle nostre spalle, in modo forse anche più truffaldino che in Grecia, dato che ci verrà scaricato per mezzo di strappi padronali e erosione di diritti e nemmeno per legge dello Stato.
Per questo dire di NO all’ accordo su Pomigliano è un dovere. Una scelta dolorosa, rischiosa, che comporta sacrifici come tutte le scelte vere, ma dovuta. Pomigliano è una barricata in cui si misurerà la resistenza alla distruzione dei nostri diritti, che con la crisi ha colpito anche i lavoratori anziani ma che riguarderà, in modo massiccio in proporzioni ancora inimmaginabili, noi giovani.
Pomigliano è una barricata ma sarà una lotta che se lasciata sola servirà a poco.
È questo il momento per gli statali, i ricercatori, gli studenti, i lavoratori di far sentire la loro voce contro una deriva che non è più sostenibile, a partire dallo sciopero generale del 25 giugno.

Alessandro Squizzato - Responsabile nazionale Lavoro FGCI

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